Di seguito l’intervista ad Antonio Rigon, Amministratore Delegato Sinloc SpA pubblicata su Verità&Affari del 28 settembre 2022
Parla l’esperto «Cambiare il Pnrr è possibile Ma regole e tempi vanno rispettati» di Maurizio Cattaneo
Che succederà al Pnrr? Ora che Giorgia Meloni ha stravinto le elezioni, potrà davvero cambiare la destinazione dei miliardi provenienti da Bruxelles o l’Italia rischia lo scontro con l’Ue ed il blocco dei fondi? Lo abbiamo chiesto ad un super tecnico, Antonio Rigon, amministratore delegato di Sinloc, società controllata da undici tra le maggior Fondazioni bancarie nazionali, e uno dei leader della consulenza per il Pnrr a livello europeo soprattutto nel settore della transizione energetica (tra i caposaldi del piano).
Dottor Rigon, arrivati a questo punto è davvero possibile cambiare il Pnrr? C’è chi invoca la regola secondo cui di fronte ad eventi straordinari, come la guerra in Ucraina, si può rivedere tutto. Altri lo negano. «Il Pnrr è un documento programmatico che ha già chiaramente identificate le “missioni” che deve svolgere. Linee guida approvate dall’Ue e strettamente legate all’apertura dei finanziamenti. Questo è il primo punto. Poi occorre chiarire che circa il 60 70% dei fondi è già stato impegnato. Detto questo i margini di manovra, a talune condizioni, comunque ci sono» Dunque una bella fetta del Pnrr è in pratica intoccabile. Ma c’è il resto. Si tratta comunque una valanga di soldi. «In quanto ai fondi che non sono stati ancora né allocati né impegnati, in effetti appare potenzialmente possibile definire priorità diverse e rivedere le modalità di utilizzo. Ma bisogna rimanere tassativamente nel solco delle “missioni” concordate. E poi c’è la questione dei tempi».
I tempi? «Bisogna agire velocemente e con progetti di qualità, ben sviluppati e dall’evidente creazione di valore sui territori. Ci sono traguardi e obiettivi da raggiungere e i fondi arrivano in base allo stato di avanzamento dei lavori». Cambiare rotta significa per forza allungare i tempi? «Io ricordo a tutti che il Pnrr prevede dei limiti temporali entro i quali effettuare gli investimenti. Entro giugno 2026 i soldi dovranno essere spesi bene. Lo ripeto: l’erogazione dei fondi è legata alla validità dei progetti presentati e al loro impatto sui territori, che deve essere sostenibile. E tutto ciò fatto in tempi certi. Un iter ben diverso rispetto al passato».
In che senso?» «In passato, l’Unione europea seguiva lo schema della rendicontazione finanziaria e amministrativa, legando la concessione delle risorse all’attestazione delle spese sostenute. Questo generava una dispersione in mille rivoli, spesso senza arrivare in fondo».
In effetti l’Italia è famosa per essere il Paese che non riesce a spendere tutti i fondi che l’Ue mette a disposizione. «E’ vero, l’Italia è nelle ultime posizioni per impiego di fondi comunitari».
Ma allora cosa si deve fare? «Le faccio un esempio . Bisogna in primis, limitare le erogazioni a fondo perduto per interventi in settori, come l’energia, nei quali si può procedere con il partenariato pubblico-privato o con fondi pubblici rotativi, in modo da minimizzare gli sprechi e attivare un circolo virtuoso di investimenti». Altri consigli? «Bisogna attivare piattaforme di assistenza tecnica e utilizzare gli strumenti finanziari a disposizione anziché procedere per progetti isolati. Con questo modello, ancora poco utilizzato in Italia ma vincente in Europa, è possibile attivare progetti vasti e non di corto respiro, trasferire best practice, realizzare sinergie tra Comuni, insieme a economie di scala e di scopo».
Qualche esempio pratico? «Noi di Sinloc ad esempio stiamo conducendo verso la transizione energetica decine di isole europee con il progetto Nesoi e possiamo affermare che lo sviluppo passa attraverso il risparmio energetico e l’autoproduzione, dalle Comunità Energetiche, che il Pnrr ha identificato come una soluzione importante, alla promozione delle rinnovabili. Ma occorre capire che il Pnrr non guarda solo alle grandi opere ma a quelle medio piccole».
Quali? «Quelle di cui Comuni e provincie hanno un gran bisogno, ma che finora erano trascurate a favore delle grandi opere. Con il Pnrr c’è finalmente l’opportunità di dare risorse ed aiuto alle amministrazioni locali per opere importanti e d’impatto, che possono andare dall’illuminazione pubblica agli ospedali, dalle scuole ai parcheggi con le colonnine di ricarica per le auto elettriche. Il nostro ruolo è quelle di accompagnare le amministrazioni, individuando le priorità e configurando i progetti in modo che siano ben fatti e pronti per essere finanziati».
Ma torniamo alla questione dei tempi…. «Le faccio un altro esempio pratico. Si sta lavorando nell’ambito di sette grandi piattaforme europee, che operano simultaneamente in varie nazioni della Ue, con una dotazione di 25 milioni di euro. Ciò per l’Italia significa riportare esperienza e innovazione. Ma se il Paese non agisce con rapidità ed efficacia si rischiano di perdere grandi opportunità».
E se l’Unione europea ci mette i bastoni tra le ruote? «Se si rispettano tempi, regole e linee guida del Pnrr e si propongono progetti credibili nel segno di un vero sviluppo del territorio credo che cambiare sia possibile».